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Ritmi di Bellezza

Intervista a Umberto Nerini (Chitarrista, Compositore, Didatta alla “MusicTech Advanced School” di Modica – RG) e a Corrado Alì (Contrabbassista, Compositore, Maestro), in occasione di Guitar from the rhythm, clinic musicale svoltasi il 9 luglio 2017 presso “New Gymnasium Art Club” di Salvo Campisi ad Avola (SR).

Presente una live session degli Extra Project (Umberto Nerini – guitar, Francesco Nerini – drum, Corrado Alì – bass, Peppe Gulino sax).

 

A cura di

GABRIELLA MAUCIERE

 

Music

Secret of Tiki Island

KEVIN MACLEOD

(Licensed under CC 3.0 at incompetech.com)

 

Audio-editing, Riprese, Montaggio, Realizzazione, Produzione

PAGINASCRITTA EDIZIONI – Editoria e Cultura

(http://www.paginascrittaedizioni.com/)

 

© 2017 by PAGINASCRITTA EDIZIONI – Editoria e Cultura su Licenza CC BY-NC-ND 2.5

Giuditta Sin e l’arte del Burlesque

Giuditta Sin è la più importante ballerina di Burlesque di fama internazionale. Originaria della Calabria, ha viaggiato molto sin da piccola tra Stati Uniti e Milano: da diversi anni vive a Roma dove insegna all’Accademia del Burlesque al “Micca Club”. Ha avuto modo di esibirsi nei più importati teatri nazionali ma anche nei locali delle varie città e paesini, con lo scopo di coinvolgere un pubblico sempre più variegato, soprattutto per far conoscere cos’è uno show di Burlesque. Oggi, 7 aprile 2017, è a Catania, nel locale “La Cartiera”, per tenere il suo workshop.

 

Cosa ti ha fatto avvicinare al Burlesque e a che età?

«Ho iniziato all’età di cinque anni facendo danza, quindi ho sempre lavorato col corpo nelle arti performative; ho scoperto il Burlesque a venticinque anni, anche se già sin da adolescente sono stata sempre affascinata dalle dive degli anni ’20 del cinema muto per la loro estetica molto particolare ed elegante. Poi, quando ho conosciuto il Burlesque, sono rimasta folgorata anche perché già meditavo di fare delle performance che avessero a che fare con la sensualità, con l’erotismo, riprendendo anche l’estetica un po’ vintage degli anni ’20/’30, quindi da quel momento ho deciso di intraprendere questo tipo di spettacolo. In Italia è già da dieci anni che viene praticato il Burlesque, invece all’estero, nello specifico in un paese come l’Inghilterra, è un arte che ha sempre fatto parte dell’entertainment anche perché è nato lì, mentre in Italia non si chiamava Burlesque perché tutto il mondo del varietà dell’avanspettacolo degli anni ’50/’70 si ispirava a programmi televisivi di varietà in cui si vedevano ballerine con i “Pasties Burlesque”, chiaramente ispirate al mondo del Burlesque».

 

Cos'è per te il Burlesque? Oltre ad essere oggettivamente una miscela di eleganza e seduzione che si manifesta nella spettacolarità del teatro, è una pratica che ti è servita nella vita a perfezionare l’iniziazione alla tua femminilità e all'arte della seduzione?

«Sicuramente è un’arte che può dare più fiducia a sé stesse: diciamo che da un lato insegna a prenderti un po’ meno sul serio e ad accettarti per come sei, infatti questo aiuta ad essere più forti, a volersi bene e a sentirsi a proprio agio, rilassate e questo per riflesso aiuta ad essere più seduttive: se ti piaci, piaci all’altro! A me ha aiutato a far venire fuori la vera me! Per me è normale usare il mio corpo in un determinato modo per trasmettere qualcosa, sicuramente sono una donna un po’ eccentrica perché ho scelto un’arte di nicchia, ancora non accettata e non compresa totalmente, però come ogni persona ho anche io le mie timidezze. È sicuramente un percorso molto soggettivo, perché in alcuni casi può aiutare a portare fuori la vera natura di una donna, in altri casi può invece andare a creare un alter-ego che comunque serve a quella persona per esprimere determinate cose che nella vita di tutti i giorni non riesce e la rende magari felice; questo non significa che ci sia poi una coincidenza totale tra il personaggio e la persona reale. Se pensiamo anche alle donne più grandi di età che si avvicinano a quest’arte, magari considerando gli anni in cui sono cresciute, in una società diversa dalla nostra, molte di loro si sono dovute nascondere dietro un aspetto più mascolino mettendo un po’ da parte la loro femminilità e sensualità soprattutto nel mondo del lavoro».

 

Il pubblico come accoglie la performance? Vive di pregiudizi, apprezza o si diverte?

«Sicuramente le donne sono quelle che rimangono più affascinate, perché il Burlesque è un’arte dedicata a loro, in cui si combinano l’estetica,  il glamour, la ricerca della bellezza, la teatralità e la femminilità: sono tutti ingredienti che le colpiscono e incuriosiscono. Poi ci sono anche donne e uomini che non apprezzano perché spesso si limitano a vedere l’aspetto della nudità del corpo, ma ci sono anche altri uomini che riescono a vedere cosa c’è dietro ad un gesto, ad una movenza della mano o alla linea della spalla, cogliendo l’idea di “femminilità” e questo credo che dipenda dalle loro livello culturale».

 

C’è una burlesquer a cui ti ispiri?

«In Italia mi piace molto Eve La Plume, che è una performer con la quale ho avuto l’opportunità di lavorare e continuo a lavorare. Lei ha uno stile ispirato all’epoca vittoriana.  L’ho conosciuta in Italia perché per anni si è esibita al Chiambretti Night. Poi,  sono sempre stata affascinata da personaggi che hanno a che fare con la body-art ma non prettamente conosciuti nel mondo del Burlesque: mi riferisco ad una Marchesa Casati Stampa, grande musa di moltissimi artisti del Novecento: nelle sue performance indossava dei vestiti ricercatissimi e allucinanti. Poi, adoro Isadora Duncan, la pioniera della danza moderna».

 

Gli accessori, i costumi e la coreografia li scegli in base ad un tema che vuoi trattare o li scegli sul momento improvvisando?

«Amo scegliere con criterio perché c’è tutta una preparazione, frutto di una ricerca e spesso vengo ispirata o da un’immagine, o dall’ascolto di una musica, o da un personaggio. Insomma, l’ispirazione può arrivare da varie fonti».

 

Oggi terrai il tuo workshop di Burlesque: cosa pretendi dalle tue allieve e cosa vuoi trasmettere loro?

«Non pretendo nulla, mi auguro che ci sia apertura in questa esperienza e che abbiano voglia di ricevere e farsi attraversare da quest’energia di femminilità; mi piace pensare che entrino in un modo e ne escano trasformate da questa esperienza!»

 

Nella tua vita intima c’è mai stato qualche tuo partner geloso della tua nudità sul palcoscenico?

«È un argomento un po’ complicato quando si va a trattare il rapporto uomo-donna, quasi da archetipo ancestrale. Diciamo che spesso ho riscontrato una doppia reazione perché è impossibile non essere gelosi della donna che si ama e vederla esibirsi in maniera seducente sul palco davanti a donne e uomini, quindi l’impulso alla gelosia esiste, c’è sempre ed è giusto che ci sia. Ci sono uomini che riescono a fare un lavoro su sé stessi, quindi a rispettare la forma d’arte che è la  professione, nonché lavoro, e magari la amano, l’apprezzano e arrivano ad avere ammirazione. Ma c’è anche chi non apprezza, non accetta e si può andare incontro a varie problematiche e quindi diventa tutto relativo».

 

Hai mai pensato di portare lo show del Burlesque, oltre nelle grandi città, anche in piccoli paesi?

«Certo, mi sono esibita in paesini piccoli della Calabria, ma anche in Sicilia. Sono stata in tantissimi paesini anche perché l’Italia è fatta principalmente di province di paesini. Mi dico sempre che la cosa più bella di questo lavoro è che un giorno mi esibisco nel teatro più importante di Roma e la sera dopo sono nel club del paesino pieno al massimo di dieci persone che vengono a vedere lo show con curiosità e apprezzano positivamente, anche perché oggi si parla tanto di Burlesque e chi non l’ha visto ne ha sentito parlare, o in negativo o in positivo. In uno show di Burlesque sul palco non si porta una nudità integrale ma una soft proprio, perché rientra nei canoni dell’erotismo nella concezione “vedo-non vedo”. Troviamo sicuramente la nudità totale sfogliando una rivista o accendendo la televisione e ci battono su tutti i fronti».

 

Progetti professionali per il futuro?

«Sono una stacanovista, lavoro tantissimo, faccio mille progetti contemporaneamente. Adesso sono co-produttrice di questo festival indipendente, per me molto importante, che si chiama Burlesque Riot e si terrà il 21 aprile per la quinta edizione. È un festival che si svolge in un centro sociale molto importante di Roma con lo scopo di portare il Burlesque in un contesto diverso dalla solita location glamour o chic, ma portarlo in un posto accessibile a giovani e a persone che frequentano altri ambienti. Le performance che proponiamo e selezioniamo sono molto più provocatorie e si discostano dall’idea carina e classica del Burlesque. È inoltre da qualche anno che ho iniziato a realizzare questo nuovo progetto dal titolo Cabaret Domestique, ispirandoci al periodo degli inizi del ‘900, quando il “varietà” andava tantissimo, però gli artisti di varietà si ritrovavano in abitazioni private e ricreavano degli spettacoli per pochi: io ho ripreso questa idea e abbiamo iniziato a realizzarla nelle case private a Roma per un pubblico molto selezionato, con una risposta positiva. È bello perché così si dà la possibilità alle persone, che vengono solitamente a vederci nei teatri, di poter assistere allo spettacolo in una casa, quindi in un posto intimo per un massimo di cinquanta persone, per scrutare cosa c’è dietro a quell’artista solitamente vista da lontano. Si crea dunque una situazione bella, accogliente, in cui la gente socializza tantissimo, un po’ come ritornare ai celebri happening americani che trovavano spazio nei garage o nelle soffitte di appartamenti: noi abbiamo scelto delle case in base a come erano arredate, alternandoci, poi, in un salotto, una sorta di speakeasy sotto ad un cocktail-bar, il cui proprietario è solito riservare ad eventi privati».

di Nella Migliore

(Photographer and Social Media Writer)

Stanza N. 3 di Massimiliano Frumenti

(dal 3 al 18 dicembre 2016 c/o Fototeca di Siracusa)

 

Intervista a cura di GABRIELLA MAUCIERE

Audio-editing, Riprese, Montaggio, Realizzazione, Produzione

PAGINASCRITTA EDIZIONI – Editoria e Cultura

(http://www.paginascrittaedizioni.com/)

 

Music

Ambiment (incompetech.com)

  

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"Meliza" di Alberto Grande. Olio su tela e legno trattato 80x80cm, 2008
"Meliza" di Alberto Grande. Olio su tela e legno trattato 80x80cm, 2008

La «voce» di Alberto Grande

 

Abbiamo il piacere di incontrare Alberto Grande, architetto, pittore, designer e scrittore, le cui opere nascono e si presentano nel territorio siciliano, e non solo. Dal 1990 in poi, numerose mostre contraddistinguono la sua vita artistica, così come disparate partecipazioni a Eventi di richiamo nazionale, tra cui l’Infiorata di Noto. E nella “Città del Barocco”, è stato di recente presente, presso il Teatro Comunale Vittorio Emanuele, con la Personale di pitture dal titolo Gli sguardi del sé. «Il volto è visto come rappresentazione dell’essenza dell’individuo» – scrive l’artista in una nota critica di presentazione alla galleria di opere – «che plasma e permea di sé la fisionomia della persona, intervenendo a completamento dell’opera cromosomica affidataci dalla natura: il sé si manifesta visivamente attraverso la nostra fisionomia». L’arte di Alberto Grande oltrepassa i confini europei, giungendo negli Stati Uniti. È autore, infatti, della Collezione Casa per Modern Living di Los Angeles, realizzata tramite accostamenti di tessuti pregiati, “contrastanti” tra loro: un miscellaneous ricercato nella sobrietà di un’eleganza coinvolgente e di globale eloquenza.

 

Buon pomeriggio Architetto, grazie per essersi reso disponibile ad intraprendere questa chiacchierata.

«Buon pomeriggio a lei, è un piacere».

 

Ci racconta di come e “perché” ha realizzato la sua prima creazione?

«La prima creazione, nel campo della pittura, è stata una esercitazione grafica consistente nel riprodurre su tela, con colori ad olio, un francobollo della mia collezione che mi piaceva particolarmente. Rappresentava, in piccolo, un felino dallo sfondo astratto realizzato a tinte molto accese. Riprodurre le dimensioni di un francobollo su una tela 100x70cm, come prima prova da autodidatta, era impegnativo, ma il risultato mi lasciò soddisfatto. Dopo tempo, ho scoperto che quel francobollo rappresentava un’opera di Franz Marc, il mio pittore preferito. Da lì ho continuato a dipingere altri due quadri tratti da quei francobolli, e poi ho proseguito creando qualcosa di personale. Nel campo dell’architettura, a 13 anni circa, ho disegnato la cappella di famiglia, che è poi stata realizzata come da mio progetto. La prima poesia, invece, l’ho scritta intorno ai 12 anni, e la ricordo ancora benissimo, nella sua rima acerba:

Lepri, conigli rospi e lupi

son tutti assiem

nel mondo strano.

Si ammazzan

si ruban

son sempre in connubi,

per sola apparenza

si danno la mano.

Il perché l’ho scritta consiste in uno sfogo personale, per esprimere l’amarezza che provavo nel cominciare ad osservare la società in cui vivevo. Ho sempre definito qualsiasi mia espressione artistica come la “voce” della mia anima, come prodotto immediato e non troppo meditato – perderebbe di istintività e di valore – della mia interiorità».

 

C’è una sua opera a cui è particolarmente legato? Se sì, ci può dire anche il motivo?

«Sì, forse sì, Stato d’animo. Si tratta di un quadro che ho dipinto di getto circa 15 anni fa, e vi sono particolarmente legato perché era la prima volta in cui riuscivo a pronunciarmi in maniera diretta, senza tenere conto del giudizio degli altri, lasciando spazio esclusivamente alla mia espressione. Il quadro che, invece, potete osservare in foto è Oltre il cielo, sulla cui tela ho voluto “raccontare” la sensazione che può dare una fenditura di luce in un cielo plumbeo, a testimonianza del fatto che anche dietro una eventuale apparenza tetra sia possibile contattare la positività».

 

Michelangelo credeva che l’opera d’arte fosse “imprigionata” all’interno di un blocco di marmo e che il compito dell’artista fosse semplicemente  quello di “liberarla” rimuovendo la massa solida che l’avvolgeva e la conteneva. Lei cosa pensa di questa affermazione?

«Pochi giorni fa, ho dipinto un quadro in Sardegna, a casa di un amico cui volevo lasciare qualcosa di mio. Avevo disegnato vari schizzi da realizzare, ma alla fine il quadro non somiglia ad alcuno di essi: è venuto fuori da sé, come accade sempre quando dipingo e, almeno a mio parere, con ottimi risultati. Non posso dunque che essere pienamente d’accordo con l’affermazione del grande artista, poiché è quello che mi accade costantemente: rappresentare quello che è già in nuce, tra me e la tela, e che viene fuori solo abbandonando ogni difesa rispetto al giudizio degli altri, e lasciando spazio solo alla mia voce».

 

In una società “veloce”,  è ormai un lusso il potersi “fermare” e godere del respiro della terra bagnata dopo la pioggia. Perché fare arte oggi?

«I perché potrebbero essere tanti, mi limito ad esporne alcuni. Il primo, è il bisogno di dare lemma alla propria anima, fissando un’emozione con il tratto ed il colore, per guadagnare una sensazione senza tempo, uno stato d’animo, assieme alla possibilità di esprimere l’unicità di ciascuno di noi; il secondo, si ricollega al primo: esprimendo questa singolarità, realizzo qualcosa di nuovo, di diverso, con la recondita speranza di ampliare gli orizzonti di un osservatore che sappia cogliere la possibilità dell’esistenza di altre realtà, ulteriori individualità, differenti modi di esprimersi e di essere, fuori dalle banali, quanto nocive, omologazioni che la nostra società tenta di imporci».

 

Ad oggi, sente di essere soddisfatto e di essere riuscito nel suo intento di dare “voce” alla sua anima?

«Sì, credo di essere riuscito in questo mio intento: rappresentare qualcosa di diverso, di personale e di veramente mio. Mi sento soddisfatto di ciò. Anche per questo motivo mantengo la mia espressione artistica come un hobby, perché, non essendo condizionata da fini materiali, possa rimanere scevra da ogni tipo di inquinamento».

 

Il suo pensiero è molto profondo e, al contempo, arriva dritto e semplice all’animo di chi lo ascolta. Credo che anche riuscire a comunicare in questo modo sia un’arte.

«L’importante è sempre essere stessi: potrebbe risultare difficile, ma con una buona dose di coraggio diventa spontaneo, quindi possibile e, direi, “salutare”».

 

Sono d’accordo con lei. Bene, sappiamo che attualmente sta lavorando a delle creazioni architettoniche innovative. Ci auguriamo che, a cose fatte, avrà il piacere di aggiornarci. Arrivederla e grazie ancora.

«Sì, mi sto dedicando alla realizzazione di progetti appassionanti. Sarò lieto di tenervi al corrente. Grazie a voi, a presto».

(Intervista pubblicata in “Kiamarsi Magazine” n. 4/2009).

di Gabriella Mauciere

(dir. edit. e cult. di Paginascritta Edizioni)

INTERVISTA ALLA DOTT.SSA CETTINA RAUDINO Ass.re alla Cultura Città di Noto

INTERVISTA ALLA DOTT.SSA CETTINA RAUDINO

Ass.re alla Cultura Città di Noto

“Peccati di lettura”: rassegna letteraria all’interno della programmazione NotoDinverno2013

INTERVIEW TO DOTT.SSA CETTINA RAUDINO

Noto City Culture Alderman

Peccati di lettura”: literary review inside NotoDinverno2013 planning

 

A cura di

GABRIELLA MAUCIERE

 

Progetto grafico “Peccati di lettura”

VINCENZO MEDICA

(STUDIO BARNUM contemporary)

da un’idea di CETTINA RAUDINO

 

Musica

Awesome Call

Fast Talkin

KEVIN MACLEOD

(at incompetech.com - creativecommons.org/licenses/by/3.0/)

Adaptations by GABRIELLA MAUCIERE

 

Riprese, Grafica, Video/Audio Editing, Videoanimazione, Traduzione, Realizzazione, Produzione

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Adriana Spuria Band Live@Troubadour_Siracusa

ADRIANA SPURIA in trio al “Troubadour – Siracusa” (22/11/2013),

con SALVO ADORNO al piano/tastiere e BIAGIO MARTELLO al contrabbasso

 

A cura di GABRIELLA MAUCIERE

Audio-editing, Riprese, Montaggio, Realizzazione, Produzione

PAGINASCRITTA EDIZIONI – Editoria e Cultura

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I RIFLESSI DI KARMEN CORAK - Intervista alla Fotografa

A cura di GABRIELLA MAUCIERE

 

Musica ANTONY RAIJEKOV

When Waves Trying to Catch a Marvel

(CC BY-NC-SA 3.0 at http://www.jamendo.com/it)

 

Grafica, Riprese, Audio-editing, Montaggio, Realizzazione, Produzione

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L’Infiorata di Noto al IV Congresso “Arte Effimera” di Barcellona - Intervista all’Ass. al Turismo Frankie Terranova

A cura di Gabriella Mauciere (Paginascritta Edizioni – Editoria e Cultura) Riprese, audio, grafica, videoanimazione, montaggio, realizzazione PAGINASCRITTA EDIZIONI -- Editoria e Cultura

SORTINO SOCIAL CLUB, film documentario di Giusy Buccheri – Intervista a cura di Gabriella Mauciere (Paginascritta Edizioni)

Sortino Social Club, film documentario di Giusy Buccheri, è un viaggio che la Regista ci permette di compiere alla luce di testimonianze e ricordi di una Sortino anni ’50, emigrata a Melbourne in cerca di “fortuna”. Un viaggio, da subito, dai toni commoventi e di naturale empatia con le storie personali di Concettina, Maria, Luigi, Sarina e Vittorio.

 

Buon pomeriggio Giusy e grazie per aver accettato questa intervista.

«Buon pomeriggio».

 

Quando e perché ti è venuta l’idea di realizzare questo documentario?

«L’idea di raccontare la nostra emigrazione c’era da tanto, perché a Sortino e in molti paesi della Sicilia quasi tutti hanno almeno un familiare lontano e quella dell’emigrazione è un’esperienza comune. Il momento per raccontarla è venuto quando i miei parenti, emigrati a Melbourne negli anni ’50, sono tornati in Sicilia per la prima volta dopo una così lunga assenza. Questo ha scatenato una serie di eventi e di emozioni tali da suscitare in me il desiderio di raccontare».

 

Quanto c’è oggi di ancora esistente in quell’“assolutezza” di rapporti familiari?

«Forse ciò di cui tu parli è progressivamente venuto meno nella nostra esperienza quotidiana, tuttavia è stato toccante ritrovarlo a contatto con la parte della famiglia emigrata, che quell’assolutezza l’ha portata con sé, insieme a molte delle nostre tradizioni».

 

C’è qualche motivo in particolare per cui hai scelto diverse tecniche stilistiche? Mi viene in mente la “ripresa nella ripresa”, piuttosto che una ripresa quasi “atemporale”, piuttosto che qualche insert di animazione.

«La televisione italiana ci ha abituato a un certo tipo di documentari tutti uguali, nei quali agli spettatori si “insegna” qualcosa, possibilmente per bocca di esperti o presunti tali. In realtà il documentario ha anche grande capacità narrativa e di intrattenimento, e possiede una vastissima gamma di registri e di linguaggi diversi. Mi piace l’idea di poter attingere a diverse soluzioni stilistiche per raccontare una storia, e scelgo di volta in volta quella che mi sembra più adeguata».

 

Ad un certo punto, sei diventata anche tu personaggio del suo documentario. Ti sentivi ancora osservatrice oppure parte integrante della tua stessa storia?

«Ho iniziato con l’idea di essere osservatrice di un evento, tentando di raccontarlo in maniera “oggettiva”. Ben presto mi sono resa conto che quella era anche la mia storia ed era più giusto raccontarla dal di dentro, mettendosi in gioco».

 

Cosa hanno portato con sé i tuoi occhi al ritorno del “viaggio”?

«L’impressione di aver conosciuto la Sicilia di tanti anni fa, che gli emigranti hanno portato con sé e hanno serbato gelosamente per tutti questi anni».

 

Sappiamo che Sortino Social Club sta partecipando al ViaEmiliaDocFest 2011 – Festival del Documentario online. Ci vuoi spiegare di cosa si tratta e quale contributo può dare il pubblico?

«È una finestra online che consente di dare visibilità ai documentari in concorso per tutta la durata del Festival. Oltre al premio della giuria, viene assegnato anche un premio del pubblico. Gli spettatori che vedono il film in streaming possono votare ed esprimere così la propria opinione. Quindi vi invito ad approfittarne per vedere Sortino Social Club, e a dare il vostro voto se vi è piaciuto. C’è tempo fino al 15 novembre!»

 

Grazie Giusy! E ancora complimenti per questo suo lavoro, certamente contributo importante nel panorama socio-culturale a carattere internazionale. A presto!

«Grazie a voi e arrivederci».

 

Guarda e vota il film documentario SORTINO SOCIAL CLUB: http://www.viaemiliadocfest.tv/film-Sortino-Social-Club-Storie-di-una-comunità-siciliana-emigrata-in-Australia-sd-33.html

 

 

Guarda un estratto del film documentario SORTINO SOCIAL CLUB: http://www.youtube.com/watch?v=7wDIZeydKnk&fb_source=message